Breve storia della vetrata artistica, parte 2. Dal Rinascimento al XIX secolo.
- Posted by Cristina Catenacci
- On 5 Ottobre 2020
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Continuiamo il nostro viaggio nella storia delle vetrate artistiche, siamo arrivati alle soglie del Rinascimento.
In epoca rinascimentale si prestò particolare attenzione alle prospettive e ai volumi e la vetrata si adattò facendo sempre più uso della pittura con la tecnica della grisaille (in italiano grisaglia), di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente,(Breve storia della vetrata artistica (parte 1, dalle Origini al Medioevo) utilizzata a partire dal XV secolo. Se in Francia possiamo notare una certa continuità di risultati, in Italia, specie a Firenze, l’intervento dei grandi pittori del momento porta la vetrata a un livello altissimo.
La cupola di Brunelleschi di Santa Maria del Fiore, ad esempio, presenta vetrate dovute a Donatello, Paolo Uccello, Ghiberti e Andrea del Castagno.
Difficili da vedere, studiare e fotografare le vetrate che si affacciano sulla facciata interna del Duomo di Firenze sono opere d’arte prese in poca considerazione ma ideate dai grandi maestri che presero parte al cantiere di Santa Maria del Fiore.
Il grande ciclo di 44 vetrate (in origine 45), realizzato dal 1394 al 1444, rappresenta la più grande opera di arte vetraria nell’Italia del Tre-Quattrocento ed è anche tra le più importanti al mondo per l’ unità cronologica, per la grande percentuale di vetri originali e per gli artisti che eseguirono i disegni preparatori da cui presero spunto i maestri vetrai che realizzarono le composizioni.
Il nome di Lorenzo Ghiberti è legato a ben 36 delle 44 vetrate, tra le quali L’Assunzione di Maria, la vetrata che si trova in corrispondenza del rosone centrale del Duomo
“disegnai nella faccia di santa Maria del Fiore, nell’occhio di mezzo, l’assunzione di Nostra Donna, e disegnai gli altri (vetri) che sono dallato”.
Lorenzo Ghiberti, Commentari
L’opera, di oltre 5 metri di diametro, rappresenta la Vergine all’interno di una cornice di santi e profeti nel momento trionfale dell’assunzione in cielo, dove l’attende Gesù tra gli angeli con la corona in mano.
L’opera è stata recentemente restaurata.
Sempre a Firenze nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella, troviamo una grande vetrata su disegno del Ghirlandaio che qui realizzò uno dei più vasti cicli di affreschi dal 1485 al 1490.
Possiamo notare che il Ghirlandaio utilizzò questa tecnica quasi come fosse un intarsio.
Artisti e artigiani operavano a stretto contatto, particolarmente nei cantieri urbani. Vasari, per esempio, era stato allievo del pittore su vetro Guillame de Marcillat, che lasciò vetrate a Roma, Cortona e Arezzo.
Importante fu il ruolo che svolsero l’informazione e la documentazione che circolavano a tutti i livelli, infatti le stampe di opere fiamminghe e italiane erano diffuse in tutta Europa e producevano imitazioni e ispirazioni.
Manierismo, barocco e classicismo
Con il protestantesimo e la conseguente iconoclastia che ne derivò, e con la Controriforma, iniziò per le vetrate un periodo di inesorabile declino. Si diffuse l’uso di piccoli pannelli decorativi a carattere laico, soprattutto stemmi, che ornavano le finestre delle case. Al contempo per il taglio del vetro venne introdotto il diamante al posto del ferro arroventato, e questo permise tagli più precisi e arditi.
Nel periodo barocco l’interesse nei confronti della vetrata calò ulteriormente fino a che la conoscenza delle tecniche si perse e in molti casi non si fu nemmeno più capaci di eseguire restauri.
Anche in Francia non si crearono più grandi composizioni e ci si limitò a vetrate geometriche e l’intervento dei pittori su vetro si ridusse moltissimo.
In Olanda rimase invece in auge la tecnica della grisaille o dello smalto, impiegati su vetri rettangolari incolori. Questa pittura si eseguiva solo sul lato interno delle vetrate per raggiungere alcuni effetti pittorici e fu una tecnica che venne trasportata in Inghilterra all’inizio del XVIII secolo.
L’Ottocento
Nel corso del XIX secolo vediamo l’affermarsi di un nuovo interesse archeologico nei confronti delle vetrate artistiche che prevede il restauro delle vetrate antiche e provoca al contempo un vero e proprio revival della tecnica.
In Francia la famosa manifattura di Sèvres continuò a creare vetrate su cartoni dei grandi maestri e il maestro vetraio Steinheil realizzò la prima vetrata ispirata ai prototipi duecenteschi.
A Venezia a metà Ottocento il vetraio muranese Pietro Bigaglia adorna la sua casa con delle vetrate che alternano i rulli (vedi l’articolo precedente) di sua produzione a parti di vetro colorato e trasparente.
Nella seconda metà del secolo si assiste all’uso sempre più comune del vetro opalescente, un vetro in cui è presente più di un colore fuso durante la fabbricazione. La sua caratteristica è quella di non essere trasparente ma di far comunque passare la luce. Il vetro opalescente è la base per la gamma di vetri creati da Tiffany, di cui parleremo più avanti.
In Inghilterra alla fine del secolo l’officina fondata da William Morris realizza le opere dei preraffaelliti, di Madox Brown, Rossetti e Burne-Jones
(Continua…)
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