Piccolo viaggio nell’arte visionaria e psichedelica
- Posted by Cristina Catenacci
- On 23 Novembre 2020
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- Aldous Huxley, Arthur Rimbaud, Hieronymus Bosch, Immaginario, Immagini oniriche, In the Court of the Crimson King, Johann Heinrich Füssli, Odilon Redon, Psichedelia, Sogni, Syd Barrett, Visioni, William Blake
Da sempre c’è stato chi ha voluto rappresentare in immagini ciò che non è reale e ha voluto disegnare, dipingere o scolpire, anche, e soprattutto, quello che non si vede.
In questo articolo voglio parlarvi di alcuni artisti e di alcune opere che non hanno niente a che fare gli uni con le altre, né per genere né per epoca, ma che esprimono tutti e tutte lo stesso distacco dalla realtà oggettiva per esplorare quello che immagina la mente, cioè una percezione altra dal reale, ma ugualmente tangibile.
Molti artisti lo hanno fatto naturalmente, per una propria attitudine all’introspezione, alla meditazione e soprattutto perché dotati di una immaginazione fantastica che non poteva accontentarsi di rappresentare la semplice realtà oggettiva.
Altri lo hanno fatto per comunicare un messaggio filosofico o religioso, per dirlo con le parole di William Blake (poeta, pittore e incisore inglese, 1757-1827):
“L’uomo che si eleva al di sopra di tutti è l’artista; profeta è colui che è dotato d’immaginazione”
Altri ancora hanno dovuto ricorrere all’uso di sostanze, quali la mescalina e LSD, come ben ci spiega Aldous Huxley (1894-1963) nel suo interessantissimo e preziosissimo saggio “Le porte della percezione”(1954).
“La maggior parte degli individui di vivida immaginazione sono trasformati dalla mescalina in visionari. Alcuni di essi, e sono forse più numerosi di quanto generalmente si creda, non richiedono trasformazione, essi sono sempre visionari.”
The Nightmare (L’Incubo), 1781, di Johann Heinrich Füssli (1741-1825), è un dipinto ad olio di 1,02 m x 1,27 m, conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti.
Füssli è un pittore romantico svizzero che ha lavorato a Londra tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, e può essere considerato una figura ponte tra la poetica inglese del sublime e lo Sturm und Drang tedesco, nonché un precursore del Simbolismo.
Per lui quello che vediamo non è altro che un frammento della realtà, al di là del quale infinita è l’estensione dello spazio e del tempo. Nella sua pittura assistiamo a uno sconfinamento, con il pensiero, oltre quello che è visibile ed entriamo nel dominio del sogno e della memoria.
Osservando questo dipinto vediamo una giovane donna riversa sul letto con la testa e le braccia che pendono, come fosse morta.
Da dietro una tenda spunta il muso di un cavallo nero, con gli occhi sbarrati.
Sappiamo che il pittore aveva accuratamente studiato le tradizioni popolari della Germania, scoprendo leggende di streghe e demoni che possedevano chi dormiva da solo, prendendo spesso le sembianze di un cavallo.
Un secondo demone è presente nel quadro, inquietante quanto il primo, ed è quello che poggia sulla donna, quasi schiacciandola.
Dobbiamo ricordare, a questo proposito, che originariamente il termine nightmare (titolo di questo quadro) veniva usato per definire un’esperienza terrificante, una paralisi del sonno dovuta a un forte peso sul petto, esattamente quello che dipinge Füssli.
Sappiamo che di questo quadro egli dipinse almeno tre versioni diverse.
The Nightmare è denso di simbologie e di richiami sessuali, mette in scena l’inconscio e l’interpretazione dei sogni cento anni prima che Freud fondasse la psicanalisi.
Questo dipinto è sicuramente un esempio perfetto di pittura visionaria e a me piace moltissimo.
Un altro artista che entra a pieno titolo tra i miei pittori visionari preferiti è Hieronymus Bosch.
Bosch, nome d’arte di Jeroen Anthoniszoon van Aken, (1453-1516), fu un pittore fiammingo di origine olandese.
Della sua vita sappiamo poco ma possiamo sicuramente dire che andò controcorrente rispetto agli artisti suoi contemporanei.
Infatti, mentre la pittura dell’epoca era orientata verso una finezza di dettagli e una potente resa dei volumi plastici, Bosch opta per le due dimensioni, con uno stile più grafico che pittorico, vicino alle miniature medievali.
Di lui, il primo storico dell’arte olandese, tale Carel van Mander, nel 1604, scrive:
“Come molti pittori antichi, aveva l’abitudine di tracciare l’intera composizione direttamente sul sostrato bianco e di ritoccare in seguito il disegno con tratti leggeri e trasparenti di colore per gl’incarnati, ottenendo così un effetto che deve molto al sostrato”
Quel che è certo è che Bosch attinge da molte fonti (anche testi alchemici e astrologici) e le sue rappresentazioni, che hanno radici iconografiche medievali, mettono a fuoco tutti i particolari della storia che vuole narrare, ricostruendoli in una visione onirica fantastica e spesso satirica.
I suoi dipinti illustrano per lo più temi biblici e sono pieni di creature fantastiche, cosa che gli provocò il soprannome di “creatore di diavoli”.
A lui si sono ispirati in parecchi, non ultimo Savador Dalì.
Hieronymus Bosch, particolare dell’Inferno.
Odilon Redon, (1840-1916), si trova anche lui tra i miei visionari preferiti.
Pittore francese, è considerato il massimo esponente del simbolismo.
Le sue creazioni sono caratterizzate da soggetti non usuali e decisamente bizzarri, legati senza dubbio al mondo onirico. Della sua opera diceva :
“far vivere umanamente degli esseri inverosimili secondo le leggi del verosimile mettendo, per quanto è possibile, la logica del visibile al servizio dell’invisibile”
Inizialmente la sua produzione era circoscritta al disegno e alla litografia, di cui sono testimoni le bellissime raccolte de Il sogno, A Edgar Poe, Le origini, Omaggio a Goya, La notte, I Fiori del male, e altre ancora che, per brevità, non starò a citare.
“Intorno al 1875 usavo sempre la matita o il carboncino, polvere volatile, impalpabile, fuggevole sotto la mano. Ed è allora che questa tecnica, che mi esprimeva meglio, divenne mia. Questa materia, che non ha alcuna bellezza in sé, assecondava le mie ricerche del chiaroscuro e dell’invisibile”
(Odillon Redon, Lettera a Edmond Picard, giugno 1894)
Dopo il 1890 Redon lascerà il bianco e nero per usare sempre più spesso il colore, passando dal grafismo minuzioso a vaste macchie coloristiche accese o evanescenti, che si fanno e si disfano come nuvole nel vento.
Redon con i colori non vuole rendere solo delle sensazioni visive, ma anche suoni e profumi. Ricordiamo, coeva, la poesia di Rimbaud sul colore delle vocali
“A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre origini segrete:
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,
Golfi d’ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l’alchimia scava nelle ampie fronti studiose.
O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
O l’Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi!”
(Arthur Rimbaud, Vocali, 1871)
Un’opera che mi ha sempre colpito per la sua potenza visionaria è Il Trionfo della Morte, di Buffalmacco, recentemente ricollocata nel Camposanto di Pisa.
Realizzato tra il 1336 e il 1341, l’affresco fu danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, al termine della quale fu strappato per essere sottoposto a restauro.
Adesso vi presento l’immagine di un’altra opera dall’indiscusso fascino visionario.
Questa volta ci troviamo in Spagna, negli ultimi anni del XVIII secolo, e stiamo parlando di un quadro di Francisco Goya piuttosto inquietante.
Per concludere voglio fare un accenno all’arte psichedelica.
Con questo termine si classifica qualsiasi espressione artistica (anche musicale) realizzata sotto l’influsso di sostanze quali la mescalina, l’ LSD, la psilocibina e simili.
L’esperienza psichedelica può essere descritta sinteticamente come la sperimentazione di stati di consapevolezza, o di coscienza, profondamente diversi dalla normale coscienza che si manifesta nello stato di veglia o nei sogni.
Qui la coscienza è profondamente alterata e si espande fino a regioni della psiche inaccessibili in condizioni normali.
Alcuni artisti sostengono di aver avuto esperienze di tipo psichedelico mediante la pratica dello Zen, dello Yoga o di altri sistemi di autodisciplina.
In ogni caso gli artisti sanno bene che le modificazioni della coscienza non conferiscono l’abilità di creare opere d’arte. Infatti è l’artista, e non l’elemento chimico, che deve fornire la sensibilità, l’intelligenza e il talento.
Per questo particolare tipo di arte si fa riferimento soprattutto al periodo della controcultura del 1960, quando l’arte visiva psichedelica andò a confluire con la musica rock psichedelica e spesso i poster, le copertine dei dischi e i fumetti erano dei veri e propri capolavori che andavano a riflettere lo stato mentale alterato indotto dall’LSD.
Un esempio di questo rapporto tra arte visiva e musica è la splendida copertina del disco “In The Court of the Crimson King”, realizzata dal giovane artista londinese Barry Godber che fu trovato morto nel suo letto ad appena 24 anni.
Un esponente importante dell’arte psichedelica è Isaac Abrams.
Nato e cresciuto a New York è un artista autodidatta con un background accademico in letteratura, storia, scienze e psicologia.
Un giorno ha scoperto le sostanze psichedeliche, si è arrampicato su un albero con Tim Leary per discutere di affari e ha fondato la prima galleria di arte psichedelica al mondo nel 1965.
Ha sempre dipinto e continua a farlo.
Voglio concludere questo viaggio con Syd Barrett (1946-2006) un autentico artista visionario che tutti conosciamo.
Cantautore, chitarrista, compositore e pittore britannico, fu il fondatore nonché leader dei Pink Floyd tra il 1965 e il 1968. Abbandonò il gruppo a causa di problemi mentali e dopo una breve carriera da solista si dedicò esclusivamente alla pittura e al giardinaggio.
Le cause che gli causarono il crollo psicologico sono da attribuirsi probabilmente alle sostanze psicotrope di cui abusava ed ai prepotenti disturbi di personalità, infatti soffriva di schizofrenia.
Sua è l’illustrazione con il trenino che produce nuvolette di fumo con sopra scritto il titolo del brano “See Emily Play”, suoi sono gli incredibili disegni di insetti sulla copertina dell’album “Barrett”.
Syd iniziò a dipingere quando era ancora bambino. La pittura fu il suo primo amore. A Londra frequentava la scuola di Arte di Camberwell.
Aveva una forte creatività e immaginazione come possiamo vedere in tutti i suoi lavori, sia dal punto di vista musicale che nelle sue liriche piene di paesaggi fantasiosi e fiabeschi, di racconti spesso strampalati ma di grande potenza visiva.
Quando i Pink Floyd raggiunsero la fama mondiale e cominciarono a incassare miliardi, Barrett volle uscirne poiché non si sentiva tagliato per quel genere di affari poco creativi e molto programmati.
Scegliendo di tornare a dipingere di nuovo, evidentemente, voleva sentirsi libero da ogni contratto, da ogni tour ed apparizione forzata, da ogni domanda, da ogni intervista.
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