La breve vita di Egon Schiele.
- Posted by Cristina Catenacci
- On 7 Dicembre 2020
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- acquerello, disegno, Egon Schiele, Pandemia, pittura, Secessione Viennese, Vienna
Quella contro cui stiamo lottando è solo l’ultima di una serie di pandemie che ci hanno accompagnato nel corso del tempo.
Questa settimana ho deciso di parlarvi brevemente della vita e delle opere del grande artista austriaco Egon Schiele, che morì giovane perché contrasse la terribile influenza denominata “spagnola”.
Questa influenza, tra il 1918 e il 1920, causò circa cinquanta milioni di morti in tutto il mondo.
Ma veniamo ad Egon Schiele, una figura di artista affascinante, che ha avuto la capacità di attrarre e respingere al contempo il suo pubblico.
Molti se lo raffigurano come un bohémien, un giovane artista dalla vita scapestrata e disordinata, libera e anticonformista. Ma niente di tutto ciò è vero.
Malgrado la letteratura e la cinematografia esistenti tendano a mistificarne la personalità, Egon Schiele, pur dotato di un eccezionale talento e di una incredibile capacità di percezione, era un giovane uomo piuttosto ingenuo e semplice.
Apparentemente anticonformista, era in realtà tendenzialmente un piccolo borghese, un dandy dal gusto raffinato e dall’amore infantile per i piaceri più semplici, uniti all’apprezzamento per le comodità e gli agi che il denaro può dare.
Coloro che lo hanno conosciuto bene, sono concordi nell’affermare che il tratto caratteriale in lui predominante era proprio l’ingenuità.
Erich Lederer, amico personale e soggetto di molti suoi ritratti, ebbe infatti a dire:
“Delle tante persone che ho conosciuto nella mia vita, Egon Schiele era una delle più normali”
A renderlo unico fu il suo grande talento, era un disegnatore straordinario e dedicava tutto il suo tempo alla creazione artistica. Lasciò infatti circa 340 dipinti e 2800 tra disegni e acquerelli.
Figlio di un capostazione, era nato a Tulln, una cittadina austriaca sulle rive del Danubio, il 12 giugno del 1890, e già da piccolo passava ore ed ore a disegnare.
Nel 1905 morì il padre di sifilide, e Egon, quindicenne, assistette sgomento all’evolversi di questo male che sfocia nella follia e nel delirio, restandone segnato profondamente.
Passato sotto la tutela dello zio, e visto il suo totale disinteressamento per gli studi, venne iscritto alla Akademie der Bindelden Kuenste di Vienna.
All’età di sedici anni Schiele superò l’esame di ammissione. E’ curioso pensare che, negli stessi anni, anche Adolf Hitler tentò il medesimo esame. Nell’archivio dell’Accademia si trova la seguente annotazione: “Adolf Hitler, prova di disegno insufficiente”.
Nonostante gli esami passati a stento e la scarsa simpatia dei docenti, Schiele scelse la carriera artistica, Hitler, purtroppo, no.
Il suo insegnante in Accademia fu Christian Griepenkerl, un pittore romantico, il cui merito principale fu quello di insegnargli il disegno classico. Non fu poco, ma nemmeno abbastanza per Egon che fu un allievo ribelle ed entrò presto in conflitto con l’insegnante.
Così, nel 1909, lasciò l’Accademia.
Due anni prima aveva conosciuto Gustav Klimt, eminente esponente della Secessione Viennese, e da quell’incontro era nata una magnifica amicizia che terminò solo con la morte del pittore, che se ne andò pochi mesi prima di Schiele, anche lui per una polmonite causata dall’influenza “spagnola”.
In quegli anni Vienna, cuore dell’Impero austro-ungarico, era un grande centro politico, economico e culturale. Alla fine del XIX secolo vi si era costituita la Secessione Viennese ad opera di diciannove artisti, pittori e architetti, che si erano staccati dall’Accademia di Belle Arti, in opposizione all’arte tradizionale che vi si insegnava, per formare un gruppo autonomo e indipendente, anche con una propria sede, e dare vita ad un’arte nuova.
L’idea era quella dell’opera d’arte totale (Gesamtkuenstwerk), ovvero una fusione delle arti.
Tuttavia questa fioritura culturale di Vienna fu un’esperienza che coinvolse solo un esiguo strato del pubblico, perlopiù di estrazione alto-borghese. Infatti la vita politica era turbata da questioni di portata nazionale, quali scioperi, disordini e agitazioni per il rincaro dei beni di prima necessità. Poi arrivò anche la Grande Guerra.
Molto di quanto fu pensato, inventato e realizzato a Vienna in quegli anni di fermento culturale, conobbe il successo che meritava e il vasto pubblico solo alcuni decenni più tardi.
Quando Schiele incontra Klimt ha diciassette anni e trova nel pittore quarantacinquenne una sorta di padre spirituale.
Si racconta che, durante il primo leggendario incontro, Schiele mostrò a Klimt alcuni suoi disegni per averne critiche e consigli, e che questi replicò: “Ma tu già sai più di quanto io stesso non sappia”.
Già nel 1908 tenne la sua prima mostra e l’anno successivo espose all’ “Internationale Kuenstschau” della capitale austriaca. Inoltre partecipò a numerose mostre collettive in varie gallerie austriache e tedesche.
Per alcuni critici le sue opere erano semplici caricature, per altri frutto di una mente malata, pochi riconobbero il genio.
Comunque, anche se fu tormentato da difficoltà finanziarie, riuscì sempre a trovare dei compratori, cavandosela assai meglio di molti suoi colleghi.
Il 1910 fu un anno fondamentale per la carriera di Egon Schiele. Infatti dal suo stile espressivo scomparvero tutti i riferimenti a Klimt e allo Jugendstil. Nello stesso periodo conobbe gli architetti Otto Wagner e Josef Hoffmann, e molti altri personaggi famosi e collezionisti, che furono anche i suoi primi mecenati.
Se inizialmente la sua modella preferita fu la sorella adolescente Gerti, è di questo periodo il suo incontro con la diciassettenne Wally Neuzil, che già aveva posato per Klimt. I due si legarono anche sentimentalmente.
Con Wally si trasferì in campagna a Neulenbach, nei dintorni di Vienna.
A questo punto bisogna dire come Schiele fosse sempre alla ricerca di ragazze giovanissime, appena adolescenti, dalla bellezza spigolosa e un po’ androgina, per ritrarle nei suoi quadri, proprio perché le loro forme ancora acerbe ben si prestavano alla sua linea spezzata e appuntita, alle figure che andava quasi ritagliando sugli sfondi vuoti.
A Neulenbach, nel 1912, accusato di aver sedotto una minorenne che posava nel suo studio, venne arrestato e rinchiuso in prigione per ventiquattro giorni.
“Devo vivere con i miei escrementi, respirarne l’esalazione velenosa e soffocante. Ho la barba incolta, non posso nemmeno lavarmi a modo. Eppure sono un essere umano, anche se carcerato, nessuno ci pensa?”
Egon Schiele, Diario del carcere, 18 aprile 1912.
Quando venne appurata la falsità dell’accusa il giudice lo condannò ugualmente ad altri tre giorni di carcere, perché colpevole di diffondere arte pornografica.
Inutile dire che questa esperienza fu per lui devastante, ma la sua insopprimibile voglia di creare fu più forte della delusione che provò per le ingiuste accuse che gli erano state rivolte e ricominciò presto a dipingere, abbandonando la campagna per far ritorno a Vienna.
Tra il 1913 e il 1914, Schiele espose a Budapest, Colonia, Dresda, Monaco, Parigi, Roma e, per la prima volta, alla Secessione di Vienna, la celeberrima sede degli artisti austriaci d’avanguardia.
Nel 1914 conobbe Edith e Adele Harms, la prima sarebbe diventata sua moglie e la seconda avrebbe spesso posato per lui.
Schiele ruppe così la relazione che lo legava da quattro anni a Wally e sposò Edith nel 1915, poco prima dell’arruolamento. Quello con Edith Harms fu un matrimonio felice malgrado le insinuazioni di alcuni che affermarono che Schiele la sposò solo perché appartenente a una famiglia benestante e le dichiarazioni di Adele che, dopo la morte dei due, disse di essere stata la sua amante.
Comunque siano andate le cose, Schiele fu fortunato perché, anche se arruolato nell’esercito, non venne mai mandato al fronte in quella macelleria che fu la Grande Guerra, e in tutto il periodo poté continuare a dipingere.
Alla mostra della Secessione Viennese del 1918 Schiele espose nella sala principale e fu per lui un trionfo. Presentò infatti una cinquantina di opere, e molte furono vendute.
In questo ultimo anno di vita tenne molte mostre a Zurigo, a Praga, a Dresda ed ebbe grande successo e riconoscimenti. E’ consolatorio pensare che poté assaporarne il gusto prima della scomparsa prematura.
La pandemia lo portò via in una manciata di giorni.
Sul finire del 1918, infatti, l ‘influenza “spagnola” che stava mietendo vittime in tutto il mondo, raggiunse Vienna.
Schiele e la moglie Edith, che attendevano la nascita del primo figlio, cercarono in tutti i modi di sfuggire al contagio. Ma tante precauzioni furono purtroppo vane: Edith morì il 28 ottobre 1918, Egon tre giorni dopo.
Ancora oggi taluni rimangono scandalizzati difronte alla sua opera, vale allora la pena di citare Hermann Hesse:
“Il vero talento ha radici nel sensuale, in un sano darsi del corpo e della mente”
Egon Schiele possedeva il vero talento, l’erotismo e la sessualità avevano per lui l’importanza che hanno per qualsiasi individuo giovane. Niente di più, niente di meno.
Anzi la sua espressione grafica è estremamente innocente, libera dalla vergogna che gli altri avrebbero provato nel confrontarsi con i propri istinti. Coloro che videro niente altro che pornografia nelle sue opere, non poterono apprezzarne l’arte. Potremmo anzi dire che la pornografia era negli occhi di chi guardava senza vedere la vera essenza delle opere di Schiele.
Schiele dipinse infatti anche paesaggi urbani e campestri nella loro nudità, proprio come fossero forme umane senza la difesa degli abiti, e sono sensuali al pari dei suoi nudi maschili e femminili.
La costante in Schiele è la disarticolazione della figura, o del paesaggio, nelle sue parti e nella relazione con il fondo dato come pieno, ma mai toccato dalla mano del pittore.
Non a caso nella Secessione Viennese, da Klimt in poi, la profondità diventa spazio di superficie in cui la figura si espande e, allargandosi, si aliena dal fondo fino a cancellarlo.
Anche in Schiele avviene lo stesso movimento di negazione spaziale, fino ad un protagonismo esasperato della figura. Le inquadrature poi, sembrano quasi cinematografiche, dall’alto, dal basso, scorci laterali e primi piani improvvisi.
Il colore acquista un valore autonomo, non naturalistico, specie nei disegni e negli acquerelli.
Bibliografia:
Serge Sabarsky “Egon Schiele”,1984
Achille Bonito Oliva “Il teatro delle spoglie”, 1984
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