
Il Mosaico, dalle origini al periodo greco e romano.
- Posted by Cristina Catenacci
- On 9 Novembre 2020
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- civiltà sumera, Gordion, Mesopotamia, Mosaico, Ostia Antica, Pella, Stendardo di Ur
Il famoso Stendardo di Ur, venuto alla luce in Mesopotamia durante gli scavi delle necropoli reali di Ur (2700-2500 a.C.), può essere considerato a tutti gli effetti come il primo oggetto apparentabile ad un mosaico e precisamente ad un mosaico portatile.
Si tratta infatti di un pannello rettangolare di 22×47 cm. a due facce, dove su un lato sono rappresentate scene di pace e sull’altro scene di guerra. Il fondo è di lapislazzuli tagliati irregolarmente, mentre le figure sono ottenute ritagliando e incidendo materiali diversi, quali conchiglie, pietre dure e madreperla del medesimo spessore. Tutti questi elementi sono fissati su un pannello ligneo con un impasto di bitume.

Stendardo di Ur, particolare
Possiamo considerare decorazioni musive anche le composizioni di pietre dure, pietre preziose e vetro che ornavano i sarcofagi dei faraoni in Egitto, come testimonia il tempio di Sethis I ad Abydos, che risale al XIII secolo a.C.
Al periodo minoico-miceneo, tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C., si ritiene risalgono anche i primi mosaici in ciottoli che venivano impiegati per le coperture pavimentali e non presentavano, a quell’epoca, particolari varietà cromatiche.
Il più antico pavimento a mosaico attualmente conosciuto è stato ritrovato a Gordion, in Frigia (l’attuale Turchia) e risale all’VIII secolo a.C. Si tratta di una pavimentazione in ciottoli bianchi, neri e rossi che presenta una decorazione di motivi geometrici.
Questo tipo di decorazione musiva si diffonde anche in altre aree, come testimoniano i mosaici trovati in Spagna, a La Muela de Càstulo, che risalgono anche loro all’VIII secolo a.C.
Ma affinché il mosaico acquisisca caratteristiche più marcatamente estetiche, dobbiamo attendere la seconda metà del IV secolo a.C.
Infatti nel periodo ellenistico (323-31 a.C.) si diffonde l’uso di un mosaico a ciottoli che prevede l’impiego di figure, dapprima geometriche, e la policromia. Con l’impiego di diversi colori si riesce a dare tridimensionalità alle rappresentazioni che si avvicinano sempre più alla realtà.
A Pella, capitale della Macedonia e città natale di Alessandro Magno, troviamo infatti i primi mosaici pittorici della storia dell’arte musiva e anche il nome del primo autore, Gnosis, riportato su un pannello.

Leone, mosaico policromo di ciottoli. Pella, Macedonia
Nonostante la gamma di colori piuttosto scarsa, a Pella troviamo rappresentate scene di caccia ed episodi della mitologia. Spesso troviamo inserita una sottile lamina di piombo per sottolineare il contorno delle figure, un po’ come accadrà in futuro nelle vetrate gotiche.
A partire dal IV secolo cominciano ad essere impiegati cubetti di marmo e pietre varie fino ad arrivare, nel III secolo a.C., all’introduzione di tessere tagliate (per usare la terminologia latina, l’ opus tessellatum ).
Il mosaico pavimentale di questa epoca rimane comunque di dimensioni ridotte rispetto alla stanza, spesso posto al centro e diagonalmente, racchiuso in un pannello centrale, detto emblema (dal greco ΄εμβάλλω) che significa “ciò che è messo dentro”.
Anche nel caso dell’ opus tessellatum le rappresentazioni potevano essere sia geometriche che figurative e di solito si trovavano in ambienti di particolare rilevanza. Infatti per questi lavori venivano impiegati materiali di pregio, come smalti e prodotti vetrosi, che conferivano alle composizioni effetti di luce e brillantezza a seconda di come la luce incideva sulle superfici.
Il mosaicista Sosos di Pergamo (II secolo a.C.), citato da Plinio il Vecchio, fu l’inventore dell’ Aseratos Oikos, cioè “la stanza non spazzata” e anche della famosa iconografia delle Colombe che si abbeverano, ripresa più volte in ambito romano. L’ Aseratos Oikos è straordinario, ripensandoci oggi, poiché rappresenta avanzi di cibo lasciati sul pavimento, per sottolineare la grande ricchezza dei proprietari e come ostentazione di potere. Una teoria sostiene che il cibo sul pavimento fosse un’offerta agli dei per placare gli spiriti malvagi, comunque sia, sicuramente nascondeva la scarsa pulizia dell’epoca!

Heraklitos, Asarotos Oikos (pavimento non spazzato, copia da Sosos). Roma, Musei Vaticani
Notate il topo, io sono davvero affascinata da questa straordinaria rappresentazione della realtà.
Il mosaico a tessere si diffonde in tutto il territorio greco e della Magna Grecia, come ad esempio in Sicilia, ma il suo successo più pieno si avrà in epoca romana quando si diffonderà in tutta Europa estendendosi anche alle colonie africane.
Una tecnica distintiva del mosaico ellenistico è la creazione dell’ opus vermiculatum, che rappresenta un momento di evoluzione della tendenza pittorica nell’arte musiva. Infatti la dimensione delle tessere viene ridotta dagli 8 millimetri del tessellatum, a un massimo di 4 millimetri e un minimo che può addirittura essere inferiore al millimetro stesso.

Battaglia di Alessandro contro Dario | da Pompei, Casa del fauno | Napoli, museo archeologico.
Inizialmente le maestranze provenivano dalla Grecia e portavano con se, oltre alle tecniche di esecuzione, anche le iconografie ellenistiche, come le Colombe abbeverantesi e i Paesaggi nilotici. Pian piano, però, il mosaico romano diverrà sempre più indipendente rispetto alla tradizione greca, preferendo temi per lo più stereotipati, soprattutto motivi geometrici e vegetazione stilizzata.
In questo periodo assistiamo alla nascita di un nuovo tipo di pavimentazione, detta opus sectile, che è una sorta di intarsio di pietre e marmi sagomati di dimensioni molto più grandi rispetto alle tessere. Compaiono, anche se sporadicamente, tessere d’oro e di pasta vitrea nel nascente mosaico murale.
Nasce anche una nuova tecnica nello stile bianco e nero, l’ opus reticulatum, dove le tessere vengono disposte diagonalmente e non più perpendicolarmente rispetto all’asse del mosaico.
Ad Ostia troviamo gli esempi più significativi dello stile monocromo, dove i motivi sono neri su fondo bianco.
L’innovazione più importante di questo periodo è la comparsa dei primi mosaici parietali, che nacquero a Roma e in Campania nella prima metà del I secolo a.C., e che possiamo ancora vedere in una quarantina di esempi. Per lo più sono all’interno di nicchie e fontane.
Ninfeo di Villa Pipiano, Campania. Età giulio-claudia (50-55d.C.)
I materiali che costituiscono questi mosaici comprendono tessere di pasta vitrea e d’oro, pietre pomice e conchiglie.
Per quanto riguarda gli autori dei mosaici, come abbiamo avuto modo di vedere, l’unico conosciuto nell’antichità era appunto Soso di Pergamo. Non sono stati ritrovati laboratori fissi di mosaico e perciò si presume che il lavoro dei mosaicisti fosse per lo più itinerante. Sappiamo però come si svolgeva il lavoro in epoca imperiale all’interno dei cantieri, infatti ad ogni funzione corrispondeva un ruolo preciso.
Il pictor imaginarius era il creatore, che disegnava il cartone da realizzare e sceglieva i colori, il pictor parietarius riportava il disegno sulla parete o pavimentazione, ingrandendolo per adattarlo al contesto, poi c’era il pavimentarius che realizzava gli strati inferiori del pavimento o della parete, il calcis coctor che era l’addetto alla preparazione della calce che fungeva da legante, il tessellarius che realizzava i fondi e le parti decorative più semplici del mosaico, e infine il musaearius, che era il maestro mosaicista che si occupava degli elementi figurativi e delle parti ornamentali più complesse.
Interessanti sono anche gli aspetti economici legati al mestiere del mosaicista, di cui troviamo testimonianza in un editto emanato dall’imperatore Giustiniano nel 301 d.C., nel quale possiamo notare come la condizione economica dei mosaicisti fosse legata al loro stato sociale, ovvero come essi fossero comparati ai fabbri, ai panettieri e agli altri artigiani dell’epoca. Solo il compenso del pictor imaginarius denotava una diversa condizione sociale. Un po’ come oggi, insomma.
Questo il salario giornaliero:
calcis coctor – 50 denari
tessellarius – 50 denari
musaearius – 60 denari
pictor parietarius – 75 denari
pictor imaginificus – 150 denari
(continua…)
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