Il Mosaico Cristiano e Bizantino in Italia
- Posted by Cristina Catenacci
- On 16 Novembre 2020
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- Aquileia, Mausoleo di Galla Placidia, Mausoleo di Santa Costanza, Mosaico, Mosaico bizantino, Mosaico cristiano, San Vitale, Santa Pudenziana
Con la costruzione delle prime chiese e basiliche cristiane il mosaico acquista un’importanza sempre maggiore, spostandosi dalle decorazioni dei pavimenti a quelle delle pareti, delle absidi e delle cupole.
Diviene infatti la tecnica preferita degli artisti medievali in quanto riesce a rappresentare pienamente il tema dominante dell’ arte cristiana , ovvero il tema della luce, intesa come luce divina, grazie all’impiego di tessere realizzate in pasta vitrea colorata, trasparenti e brillanti, e ai fondi dorati.
L’arte medievale, nel rappresentare personaggi sacri come Gesù, la Vergine e i Santi, doveva esprimere soprattutto la loro natura sovrannaturale, nettamente distinta dalla realtà umana.
In questa ottica il mosaico, con i suoi i colori brillanti e luminosi, e con la preziosità stessa della materia impiegata per le tessere, riesce ad aumentare la potenza solenne e nobile delle figure rappresentate.
In questa epoca, i maggiori centri di produzione del mosaico sono in Oriente Costantinopoli, in Occidente Roma, Ravenna e Milano, passando per Aquileia (Udine).
Il grande mosaico pavimentale della Basilica di Aquileia, fatta edificare nel 313 d.C. dal vescovo Teodoro, è il più grande di tutta l’epoca cristiana in occidente con i suoi 700 metri quadri di estensione.
Questo enorme pavimento non ha un motivo decorativo uniforme e ripetitivo, ma è diviso in 10 tappeti raffiguranti soggetti biblico-simbolici. I motivi decorativi comprendono uccelli inseriti in ottagoni, animali diversi come linci, lepri somari, capre, merli, galli, fagiani, ma anche ceste di funghi. Famoso è il mosaico del gallo che lotta con la tartaruga che simboleggia la lotta tra il bene e il male.
L’ultima campata è dedicata alle storie di Giona, con il profeta che viene gettato in mare e ingoiato da una balena.
A Roma, il Mausoleo di Costantina, meglio conosciuto come Mausoleo di Santa Costanza, è un capolavoro dell’architettura tardo-antica, situato presso l’area monumentale di Sant’Agnese fuori le mura, sull’odierna via Nomentana.
La sua costruzione, avvenuta molto probabilmente tra il 340 e il 345, fu voluta da Costantina, figlia dell’imperatore Costantino, come proprio sepolcro monumentale, trovando la sua collocazione accanto alla basilica costantiniana, nei pressi della catacomba che ospitava le spoglie di Sant’Agnese, alla quale Costantina era devota. L’edificio fu chiamato “di Santa Costanza” nel periodo in cui si crearono molte confusioni riguardo alla venerazione di Costantina come santa.
Si tratta di una delle più antiche costruzioni romane a pianta centrale dove il rapporto di quantità luminose tra le parti strutturali è sottolineato dalla ripetizione delle colonne.
Questa concezione dello spazio come dimensione luminosa riceve una più precisa definizione coloristica dalla pittura più sensibile alla luce, cioè dal mosaico che ricopre le volte a botte con una decorazione su fondo bianco, raffigurante putti che vendemmiano e pigiano l’uva nei tini.
Il Mosaico absidale di Santa Pudenziana, della fine del IV secolo d.C., esprime perfettamente l’ideologia cristiana, nel suo duplice aspetto religioso e politico: fonde cioè una visione storica precisa con una visione simbolica.
La scena rappresenta il Cristo benedicente al centro, seduto sul trono, con ai lati gli apostoli vestiti da senatori romani, due donne che incoronano Pietro e Paolo e, sullo sfondo, una enorme croce su un colle e una città.
Il Cristo tiene in mano un libro nel quale si legge Dominus Servator Ecclesiae Pudentianae, cioè il Signore ha salvato la chiesa di Pudente, poiché l’edifico sacro non venne toccato dai Visigoti di Alarico.
“La città è una figurazione storico-simbolica di Gerusalemme, dominata dall’altura del Golgota. Il cielo è veduto in modo ancora naturalistico, come uno stratificarsi di nuvole violette e rosa in una luce di tramonto; ma in esso campeggia, immensa, una croce d’oro e di gemme, tra i simboli degli Evangelisti. Il Cristo è seduto su un trono dorato; e il suo gesto è insieme autoritario e di benedizione: la sua figura imponente, al centro dell’esedra monumentale, domina tutta le altre. E queste, che formano, in basso, due ali prospettiche, sono anch’esse, ad un tempo, storiche e simboliche. Le due donne che offrono corone rappresentano le due grandi sorgenti della nuova Chiesa: ex gentibus, o dal ceppo greco-romano, e ex circumcisione, o dal ceppo ebraico.”
Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, volume primo.
La crisi dell’impero romano non è solo politica ma è anche una crisi di idee e di cultura.
A Milano, capitale dell’impero tra il 379 e il 402, Teodosio cerca di realizzare una restaurazione del cristianesimo su base etico-religiosa e anche nell’industria artistica troviamo il riflesso di questo ritorno della cultura classica.
Nei Mosaici di San Vittore in ciel d’oro ( IV secolo d.C.), per la prima volta i santi sono personalizzati, cioè individuati come figure storiche, malgrado il fondo d’oro. Riappaiono anche una certa prospettiva e motivi paesistici di origine ellenistica.
A Milano succede, come capitale dell’impero, Ravenna, una città in posizione strategica rispetto alle vie di accesso dei barbari e dotata di un eccellente porto militare, il porto di Classe.
Nel V e VI secolo Ravenna intrattenne stretti rapporti commerciali, culturali e politici con Costantinopoli, l’antica Bisanzio, capitale dell’Impero Romano d’Oriente (Impero Bizantino) e per questo motivo sarà il centro dal quale si irradierà in tutta Italia l’arte bizantina.
Il Mausoleo di Galla Placidia (che però morì a Roma nel 450 e non vi fu mai sepolta) è un edificio semplicissimo all’esterno, con mattoni a vista, ma all’interno, concepito come entità luminosa, è interamente rivestito di mosaici. Il mosaico definisce da solo lo spazio architettonico, è fatto di piccoli pezzi di pasta vitrea, tessere che non hanno tutte la stessa forma e dimensione e nemmeno sono fissate nella malta dell’intonaco con la stessa inclinazione, né allo stesso livello. Ognuna ha diversa qualità riflettente cosicché la superficie appare piena di punti scintillanti. La bravura del mosaicista, che esegue un disegno prestabilito, consiste nel dare al colore la massima profondità di fondo e vibrazione di superficie, e il giusto valore di tono.
L’influenza della cultura bizantina si manifesta, grandiosamente, nella costruzione e nella decorazione di San Vitale, consacrata nel 547.
Si tratta di un edificio a pianta centrale ottagonale nel quale l’esterno, molto sobrio, è in cotto(mattoni) a vista, mentre l’interno presenta ricche decorazioni musive, tra cui i celebri mosaici delle pareti laterali dell’abside che ritraggono le figure quasi divinizzate dell’Imperatore Giustiniano e dell’imperatrice Teodora, ciascuno con il proprio seguito (nel linguaggio simbolico religioso dell’epoca l’esterno degli edifici sacri, molto austero, essenziale, simboleggiava il corpo, mentre l’interno, riccamente decorato, pieno di luce e colore,
rappresentava lo splendore dell’anima).
Per concludere possiamo senz’altro dire che i caratteri peculiari dell’arte musiva ravennate sono :
- la tendenza all’astrazione, alle forme semplificate
- la bidimensionalità, cioè l’assenza di profondità e volumetria
- un forte linearismo, ossia l’importanza della linea di contorno che delimita la figura
- la disposizione ritmica delle figure
- l’importanza simbolica della luce
- il gusto raffinato per il dettaglio
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