Divagazioni sulle origini del ritratto in pittura
- Posted by Francesca Traversi
- On 18 Novembre 2020
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- cnosso, etruschi, fayum, greci, origini del ritratto, pompei, ritratto
Oggi vi propongo un piccolo viaggio nel mondo del ritratto pittorico.
Il ritratto, così come inteso comunemente, riproduce i tratti somatici e psicologici di un soggetto e ha avuto, nella storia, percorsi differenti e alterna fortuna.
In alcune rappresentazioni pittoriche, tra le più antiche del Mediterraneo arrivate fino a noi, come gli affreschi di Cnosso del II millennio a.C. ,sono presenti figure femminili molto vivide, che pur se non possiamo definire veri e propri ritratti, esprimono a mio parere, una riproduzione della realtà solo apparentemente formale. Sia che essa rappresenti una divinità o una sacerdotessa, si resta catturati dalla presenza, dal carattere, dal movimento, che l’esecutore o esecutrice di questo affresco ha saputo imprimere alla figura.
Quasi contemporaneamente, nell’Antico Egitto, la pittura seguiva schemi e regole piuttosto rigide per la raffigurazione umana. La ritrattistica era essenzialmente “tipologica” ovvero riproduceva un soggetto in modo ideale e secondo certi canoni legati al censo, con relativi attributi.
Solo col Nuovo Regno si hanno ritratti fisionomici di più accentuato realismo che mantiene comunque una forte componente idealizzante (testa di Nefertiti 1345 a. C. circa). Il realismo era considerato poco aulico, e riservato a scene di contorno o decorative, soprattutto nelle raffigurazioni di animali (vedi scene nella tomba di Nebamon, 1350 a.C.).Nella tomba di Nebamon, il defunto è rappresentato mentre caccia, la sua figura è “tipologica”, ma gli uccelli sono riprodotti dettagliatamente; così tra le figure femminili che suonano, oltre all’inconsueto movimento dei capelli, possiamo notare la rappresentazione prospettica e di tre quarti della donna al centro.
Fin dall’Antichità, in effetti, il ritratto è stato strumento di propaganda politica e simbolo di potere ( statue, busti, monete), o testimonianza di affermazione sociale e a questo si deve probabilmente la sua monumentalità nella scultura e la sua rigida compostezza in pittura.
In epoca Greco- arcaica non si può parlare di veri e propri ritratti, almeno in base alle testimonianze giunte fino a noi, se non per le rappresentazioni di esseri umani , perlopiù di tipo generico, accompagnate da iscrizioni, in santuari o sepolcri.
Nell’Antica Grecia i ritratti erano riservati principalmente a statisti, generali, filosofi, poeti od oratori celebri, che conosciamo (in ambito scultoreo), attraverso le copie di busti in marmo romane; gli originali bronzei erano generalmente a figura intera ed erano destinati a luoghi pubblici, santuari o piazze.
I dipinti di questa epoca, sono purtroppo andati perduti e bisogna arrivare alla fine del I sec a. C. per avere una testimonianza tangibile di ritratti dipinti in area greco-egizia, con i 600 reperti del Fayyum (di cui vi parlerò tra breve) .
La ritrattistica etrusca è legata alla greca e a sua volta si legherà a quella romana, con una grandissima produzione in campo scultoreo. Le testimonianze pervenuteci in ambito pittorico , sono gli affreschi di Tarquinia e Vulci del IV sec. a. C.
Nei dettagli che vedete sopra, rispettivamente della tomba degli Scudi ,della tomba Francois e dell’Orco, le figure ritratte sono riferibili ai defunti e al loro ambito familiare , e ci danno una descrizione piuttosto naturalistica nella scena dell’uomo col bambino, o nelle immagini delle donne presenti ai banchetti.
Ma è grazie ai ritrovamenti di Pompei ed Ercolano, I sec. d.C., che possiamo avere una idea di come il ritratto pittorico va sviluppandosi nella Roma Imperiale, probabilmente grazie ad artisti di origine greca. Qui sono conservati affreschi che testimoniano la consuetudine di commissionare, da parte di famiglie benestanti, effigi proprie o dei propri congiunti.
Nei due coniugi ritratti nella casa di Proculo, c’è una ricerca della somiglianza fisionomica , nonchè una cura dei dettagli che li caratterizzano.
La stessa verosimiglianza è riscontrabile nella maggior parte dei dipinti rinvenuti a Fayyum , in Egitto.
La fusione delle culture greca- ellenistica ed egizia, dopo la conquista di Alessandro Magno, fece si che l’uso di inumare e seppellire i defunti secondo la tradizione egizia , fosse mantenuta nella popolazione mista greco-egizia , con la conseguente fusione di modalità espressive e rappresentative. Il ritratto del defunto era eseguito su legno , ad encausto o tempera all’uovo e posizionato come una maschera funeraria.
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I ritratti , seppure secondo alcuni, non necessariamente fedeli , colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza. Quasi sempre frontali o di tre quarti , lo sguardo rivolto allo spettatore, si ha esattamente l’impressione di scrutare una persona reale, presente.
In seguito il Cristianesimo avrà una certa diffidenza per il ritratto individuale (visto come immagine idolatra), ma nello stesso tempo ne utilizzerà la valenza evocativa per la rappresentazione e tipicizzazione del divino e dei santi.(continua….)
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