
Breve storia della vetrata artistica, parte 4.
- Posted by Cristina Catenacci
- On 19 Ottobre 2020
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Eccoci arrivati alla quarta parte del nostro viaggio nello spettacolare mondo della vetrata artistica. Siamo partiti dalle origini e, passando dalla Roma antica, dal Medioevo e dal Rinascimento, nell’ultima puntata abbiamo parlato di Louis Comfort Tiffany e delle sue meravigliose opere che si possono senz’altro ascrivere alla corrente artistica denominata Stile Liberty.
Come sappiamo lo Stile Liberty o Art Nouveau si affermò tra la fine del 1800 e il primo decennio del 1900 ed ebbe la sua massima espressione durante l’ultima fase della cosiddetta Belle Epoque. Fu un movimento artistico e filosofico a largo spettro che influenzò le arti figurative, l’architettura e le arti applicate.
Noi ci occupiamo di vetrate e a Roma possiamo trovare quello che è un vero capolavoro del periodo, ovvero le incredibili vetrate della Casina delle Civette.
Dimora del principe Giovanni Torlonia fino alla sua morte nel 1938, la Casina delle Civette è il risultato di una serie di trasformazioni e aggiunte apportate all’ottocentesca Capanna Svizzera che costituiva un luogo di evasione rispetto alla residenza principale ed era collocata in un punto del parco nascosto da una piccola collina.
A Roma era attiva in questo periodo la bottega del maestro vetraio Cesare Picchiarini (1871-1943) e proprio attorno al suo laboratorio si formerà, intorno al 1910, un gruppo di artisti tra i quali Duilio Cambellotti (1876-1960), Paolo Paschetto (1885-1963), Umberto Botazzi (1865-1932), Vittorio Grassi (1878-1958) che adattarono l’antica arte vetraria alle moderne esigenze della borghesia, committente delle opere.
Le loro produzioni furono caratterizzate soprattutto dalla rinuncia della tecnica della grisaille, cioè della pittura a fuoco che permetteva l’aggiunta di effetti pittorici e, se inizialmente le loro opere avevano un carattere abbastanza eclettico, col passare degli anni si orientarono sempre di più verso temi zoomorfici e geometrici. Ebbero molto successo anche a livello internazionale e moltissime commissioni da parte della borghesia romana che voleva adornare le sue case secondo la moda del tempo.
Nella Casina delle Civette possiamo osservare diversi modelli di vetrate, realizzate tra il 1908 e il 1930, ad opera del Laboratorio Picchiarini su bozzetti di Cambellotti, Bottazzi, Grassi e Paschetto.
Negli stessi anni a Barcellona venne costruito il Palau de la Musica Catalana, un importante esempio del modernismo catalano, che fu concepito come il “giardino della musica”.
Venne progettato all’inizio del secolo dall’ architetto Lluis Domènech i Montaner e fu edificato tra il 1905 e il 1908.
Le innovazioni architettoniche del Palau sono molteplici: immaginato come uno spazio aperto, fruibile, da vivere a pieno, annovera tra i materiali utilizzati per la costruzione il vetro smaltato ed il cristallo. La sala concerti è rettangolare con disposizione dei posti a sedere semi ellittica ed ha una particolarità unica al mondo: ha un lucernario a goccia ed ampie vetrate laterali che ne permettono l’utilizzo anche in assenza di luce artificiale. I motivi floreali e i colori utilizzati nelle vetrate e negli arredi ne permettono la comparazione con un giardino artificiale, il lucernario, nel quale sono utilizzati vetri gialli, rappresenta il sole.

Palau de La Musica Catalana, Barcellona
A Barcellona in questi anni era in corso la costruzione (mai completata) della Sagrada Familia, una grande basilica progettata dall’architetto Antoni Gaudì, massimo esponente del modernismo catalano.
Joan Vila i Grau, maestro vetraio, è stato l’uomo che ha interpretato i disegni e le direttive di Antoni Gaudì e ha costruito le grandi vetrate della Sagrada Familia. Egli utilizzò le tecniche tradizionali conosciute fin dal XII secolo per la fabbricazione delle vetrate, adattandole per creare uno stile nuovo.
I disegni di Vila i Grau, come voleva Gaudì, sono astratti, tutto è affidato alla luce.
Il grande gioco di luce e di colori che troviamo all’interno della basilica è destinato a stupire i visitatori ed illuminare i fedeli. Studiando la luce e le sue proprietà, Gaudì è riuscito ad immaginare e progettare uno spettacolo straordinario. Tutto l’impatto scenico ed emotivo dell’opera si ottiene dal gioco di colori generato dal passaggio della luce esterna attraverso il vetro. Per far sì che la luce fosse “né troppa né troppo poca”, nella chiesa sono presenti due grandi vetrate, una sulla parete est ed una sulla parete ovest. La prima, illuminata dai raggi del mattino, ha colori sfumati dal violetto al verde, la seconda, illuminata al tramonto, ha colori che variano dal giallo al rosso. Nel complesso, immaginando di trovarsi nella navata centrale, e di ruotare il proprio sguardo da est ad ovest, si possono osservare tutti i colori dello spettro visibile, interrotti al centro da un crocifisso sormontato da un baldacchino. Lo spettatore quindi è avvolto da un immenso arcobaleno incorniciato dal bianco delle pareti e delle colonne. Indubbiamente è una visione stupefacente.
In Messico, a Toluca, troviamo I Giardini Botanici Cosmovitral, un capolavoro dell’ Art Nouveau, costruito tra il 1909 e il 1910, dall’architetto Leopoldo Flores.
I giardini ospitano piante di 400 specie provenienti da tutto il mondo e la struttura dell’edificio è composta da 3500 metri quadrati di vetrate, di ventotto differenti colori, nelle quali è rappresentata in modo allegorico la lotta ancestrale tra il bene e il male, la luce e l’ombra ed è immaginato l’uomo-sole.
Con il declino dell’ Art Noveau e dello Stile Liberty, seguito a breve giro dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la tecnica della vetrata artistica vive un periodo di decadenza.
Tra il 1949 e il 1951 a Vence, in Provenza, Henri Matisse progetta e decora la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire, per le suore dell’ordine domenicano.
La cappella è una meraviglia artistica, considerata dallo stesso pittore il suo capolavoro ed è all’interno che rivela tutto il suo splendore grazie al riflesso delle vetrate sul pavimento in marmo e ai tre pannelli murali che rappresentano la Via Crucis, la Vergine con il Bambino e San Domenico.

Henri Matisse, particolare di una vetrata della Cappella di Vence, Provenza
Nel 1950 padre Marie-Alain Couturier commissiona a Fernand Léger le vetrate per la parete absidale dell’Eglise du Sacrè-Coeur ad Audincourt, progettata dall’architetto Maurice Novarina.
Alla fine dello stesso anno vengono esposti al Musée d’Art Moderne di Parigi i primi studi, che suscitano le perplessità di alcune autorità locali. Lo stesso artista sceglie così di far esaminare gli schizzi direttamente alla popolazione di Audincourt, che accoglie favorevolmente la soluzione ipotizzata da Léger: un nastro composto da 17 grandi segmenti, dedicato alla Glorificazione del martirio di Cristo. Realizzata nel 1952 presso l’Atelier del maestro vetraio Jean Barillet, l’opera in Collezione era destinata al quarto pannello di sinistra della chiesa ma non è mai stata montata, perché sostituita da una ritenuta cromaticamente più appropriata all’insieme.

Fernand Leger, La sainte Tunique
Léger progetterà altre vetrate per l’Università di Caracas, in Venezuela. Di queste, una possiamo vederla al Museo di Biot, in Costa Azzurra.
Anche Marc Chagall (1887-1985), pittore bielorusso naturalizzato francese, non rimase insensibile alla possibilità di esprimere la sua arte attraverso la tecnica della vetrata artistica.
“Per me una vetrata è una parete trasparente posta tra il mio cuore e il cuore del mondo”
Le sue prime vetrate sono quelle per la Cattedrale di Metz, dove dipinse i cartoni di tre vetrate eseguite tra il 1959 e il 1963, per sostituire quelle andate in frantumi durante la Seconda Guerra Mondiale.
A queste seguono le piccole vetrate per la chiesa di Notre Dame du Toute Grace a Plateau d’Assy.
Dopo aver eseguito le vetrate per la Cattedrale di Metz, inserite in un’architettura gotica, Chagall ha piena libertà di espressione nelle vetrate sui Dodici figli di Giacobbe e Le Tribù di Israele per la Sinagoga di Hadassah a Gerusalemme.
In seguito eseguirà le vetrate per la Cattedrale di Reims (1974), quelle per la Cappella dei Penitenti a Sarrebourg (1975) e quelle per il Coro della Chiesa di Fraumunster a Zurigo (1979-80).
La sua ultima opera sono le nove vetrate per la Cattedrale di Santo Stefano a Magonza (1978-85)
Non possiamo non menzionare il grande architetto Le Corbusier, pseudonimo di Charles Edouard Jeanneret Gris (1887-1965), tra le figure più influenti della storia dell’architettura, maestro del Movimento moderno con l’uso del calcestruzzo armato e padre dell’urbanistica contemporanea. Le sue opere sono state aggiunte alla lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
- Le Corbusier, Maison du Bresil, Parigi, 1953-59
- Le Corbusier, Maison de l’Homme, Zurigo, 1963-67
Per concludere il XX secolo voglio citare la Spirale del Thanks-Giving a Dallas, in Texas, progettata da Gabriel Loire nel 1976 e la Cattedrale di Brasilia, dell’architetto Oscar Niemeyer, terminata nel 1960 con una copertura vitrea disegnata da Marianne Peretti.
- Cattedrale di Brasilia
- Spirale del Thanksgiving, Dallas
Negli ultimi anni la vetrata artistica è sempre più legata all’architettura e all’arte, mentre viene meno richiesta dai privati per decorare le abitazioni.
L’ Institute for Sound and Vision di Hilversum nei Paesi Bassi è stato creato alla fine degli anni ’90 da un gruppo di giovani architetti. Si tratta di un cubo perfetto, per metà sotto il suolo, completamente ricoperto da vetrate concepite da J. Drupsteen. Ogni pannello, che si può visualizzare solo da una certa angolatura, è stampato con immagini famose della televisione olandese.
Nel Grossmunster, l’antico Duomo di Zurigo, troviamo dodici vetrate moderne commissionate nel 2009 all’artista Sigmar Polke. Il vetro è soffiato intorno a sottili sezioni di agata, poi colorate artificialmente.
Un altro artista che ha trasformato un mestiere antico in arte contemporanea è Tom Fruin, la sua scultura Watertower è composta da acciaio e plexiglas colorato. Realizzata nel 2012 a Brooklyn, è montata su una piattaforma e illumina la notte con sequenze luminose. L’opera è interamente costituita di pezzi di recupero.
Per concludere voglio menzionare Kelinde Wiley che reinventa l’iconografia religiosa celebrando la popolazione nera. Ogni suo pezzo raffigura una scena religiosa tradizionale con una iconografia rinascimentale ma con in primo piano protagonisti moderni che indossano berretti e scarpe da ginnastica.
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